Persone e fatti rappresentativi
All'età di 17 anni ho chiesto a mio padre cosa fosse la borsa. Papà, che non è del mestiere, non mi ha dato una risposta esaustiva. Ho iniziato così a informarmi autonomamente e ho deciso di acquistare il mio primo libro "La mente del trader" di Giacomo Probo.
Un errore madornale! Eppure mi ha aiutato a comprendere la follia dei mercati e dell'analisi tecnica. Insomma un inutile, a parer mio, concentrato di passato, di società che diventano solo articolati grafici, una scommessa e nulla più.
Non sono arrivato nemmeno a metà.
Insoddisfatto, ho comprato il secondo libro, "Warren Buffett e l'interpretazione dei bilanci", nel quale ho potuto "leggere" il fenomeno del mercato azionario da tutt'altra prospettiva. Tutto un altro mondo. Niente più di grafici. Niente più trend. Si analizzavano le società, la loro capacità reddituale, il vantaggio competitivo durevole, la longevità in base alla tipologia del prodotto o del servizio offerti. Si selezionavano le migliori, quelle eccezionali, quelle con qualcosa di speciale, con una prospettiva di aumento del valore sul mercato decennale. Se ne calcolava il valore e si acquistavano a prezzi scontati.
Una quantità inimmaginabile di informazioni da immagazzinare, notizie su notizie. Questa teoria aveva un fondamento, un senso. Non sono mai stato un mago, non credo di essere più bravo degli altri, non avrei mai predetto crisi o buoni momenti. Ma avrei potuto studiare le società, una per una, dalla A alla Z, "divorando" ogni listino borsistico sul quale riuscivo a mettere le mani.
A 17 anni ho iniziato, così, a investire in borsa.
Ci sono persone, o meglio, investitori che hanno dedicato la propria vita a questa grande passione, gettandone le basi. Cinque personalità mi hanno aperto gli occhi. Ve le presento rigorosamente in ordine sparso: Warren Buffett, Philip Fisher, Benjamin Graham, John Burr Williams e mio padre.
Tutte loro mi hanno trasmesso importanti nozioni, nozioni che considero sempre nella scelta degli investimenti.
Ognuno, a suo modo, mi ha insegnato differenti principi, ma con un filo conduttore comune: essere investitori e non speculatori. Investire non è un gioco, ma un processo basato su dati essenzialmente oggettivi e razionali.
Mi hanno insegnato che solamente nel lungo termine si possono ottenere risultati superiori alla media e che non si crea valore in un giorno.
Mi hanno insegnato che le società con un vantaggio competitivo durevole sopravvivono nel lungo periodo e permettono di avere una performance più alta del mercato.
Mio padre, inoltre, che di investimenti non se ne intende, essendo un "contadino" come ama definirsi, mi ha insegnato il concetto di fossato, del quale anche Buffet parla e riparla: quando si lavora un campo, è necessario sempre costruire canali di scolo, poiché in caso di abbondanti piogge, questi permettono, incanalando le acque, di non gettare tutto il raccolto. Allo stesso modo funzionano gli investimenti: le società con il fossato, capacità di perdurare negli anni, durante forti periodi di crisi generale (le piogge) hanno la forza e le capacità per rimanere a galla e per continuare la loro crescita.
Questi grandi insegnamenti mi hanno portato alla creazione di un mio modello di investimento, più adatto alle mie esigenze.
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